Sex surrogates: terapeuti o lavoratori del sesso?
All’età di 36 anni, Mark O’Brien, un uomo che usa un polmone d’acciaio, decide che non vuole più essere vergine. Con l’aiuto del suo terapeuta e del suo sacerdote, contatta dunque Cheryl Cohen-Greene, una “sex surrogate”, o partner surrogata, per provare il sesso per la prima volta. Questa è, ispirata da una storia vera, la trama del nuovo film The Surrogate, uscito da poco negli Stati Uniti ed atteso in Italia per il giorno di San Valentino 2013, una data particolare che ci spinge certamente ad una riflessione: cosa fanno in realtà questi partners surrogati? Una terapia, un atto d’amore, un intervento infermieristico, o semplicemente, un lavoro di prostituzione?
Direi che sbaglieremmo a considerare i partners surrogati come lavoratori delle professioni menzionate, anche se sicuramente essi devono necessariamente essere un po’ di tutto questo. Non possiamo infatti considerarli terapeuti, in quanto sono persone che generalmente non hanno una approfondita competenza teorica (ma sicuramente devono avere almeno un’infarinatura riguardo alle disfunzioni sessuali, alla disabilità e alla psicopatologia); non sono infermieri o fisioterapisti (anche se operano sul corpo del paziente, per portargli sollievo e benessere); non sono dei benefattori (dal momento che si fanno pagare per le loro prestazioni) ma indubbiamente, visto che si rivolgono ad una clientela generalmente molto disagiata e non troppo benestante, che non tutti i lavoratori del sesso accetterebbero volentieri, non sarebbe giusto neanche considerarli riduttivamente come delle persone dedite al mestiere più antico del mondo.
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Ecco allora che dovremo probabilmente abituarci, anche in Italia, a fare spazio a questa nuova categoria professionale, come avviene già in molti Paesi del mondo: quella dei partners surrogati.
Essi si sono già costituiti in associazione, l’International Professional Surrogates Association (IPSA), con tanto di codice etico e formazione teorico-pratica ai loro membri.
Le loro particolari prestazioni, che per il momento dobbiamo ancora definire “professionali” fra virgolette, hanno cominciato a diffondersi all’inizio degli anni settanta e hanno attraversato un periodo di boom, prima di diminuire di importanza in anni più recenti (l’uscita del film produrrà sicuramente una nuova esplosione del fenomeno…).
Nei suoi anni migliori l’IPSA ha avuto circa 200-300 soci negli Stati Uniti, che qualche anno fa si erano ridotti a circa una cinquantina, come ha raccontato in una intervista Blanchard Vena, presidente dell’associazione dei partners surrogati.
Dalla stessa fonte apprendiamo che solo il 35 – 40 per cento dei surrogati IPSA sono di sesso maschile: essi si rivolgono ad una clientela femminile che chiede la terapia sessuale pratica soprattutto per migliorare la qualità della propria vita e non tanto per compiacere il partner. Sono più o meno gli stessi dati forniti dalla Sex Therapy Clinic di Tel Aviv, fondata nel 1989, dove all’inizio nessuno dei pazienti era di sesso femminile. Ora circa il 40 per cento dei casi trattati riguardano invece delle donne, come ha rivelato tempo fa Ronit Aloni, che dirige la clinica.
In genere, la “terapia” per le donne nella clinica israeliana inizia con esercizi di contatto oculare e nel prendere per mano la paziente. Il rapporto sessuale, quando accade, avviene molto più avanti nel corso della terapia. Ogni paziente è diversa, ma la maggior parte di loro richiede un rapporto sessuale come parte del trattamento. I trattamenti di solito durano da tre a sei mesi, per un totale di 30 – 35 ore.
Recentemente, sui pazienti-uomini è uscito anche un piccolo ebook “Sessions of a Sex Surrogate” (in inglese) in cui Joanne Ferro racconta la sua esperienza di partner surrogata, dopo aver lavorato con centinaia di uomini che avevano problemi sessuali.
“Hai a che fare con ogni tipo di personalità”, dice la Ferro, che ha iniziato la sua attività nel 1980, lavorando con clienti che avevano avuto traumi infantili, oppure erano terribilmente timidi, alcolizzati, ecc. In genere, dice la Ferro, sono uomini paralizzati dalla paura di parlare di ciò che vivono e per i quali la tradizionale psicoterapia non si è mostrata efficace. La Ferro racconta inoltre che questo lavoro è per lei molto gratificante, ma anche faticoso, visto che non le permette di dedicarsi a più di due o tre persone al giorno.
Per ora non ci sono moltissime ricerche sull’argomento. Uno studio del 2007 ha esaminato il trattamento con partners surrogati di pazienti donne sofferenti di vaginismo: 16 pazienti avevano usufruito dei servizi di un partner surrogato e 16 pazienti erano state curate in modo tradizionale. Alla fine, tutte coloro che avevano avuto dei partners surrogati stavano meglio, mentre nel gruppo di terapia convenzionale, a stare meglio erano solo il 75 per cento delle donne. Nella terapia convenzionale inoltre, il 19 per cento delle donne aveva concluso la terapia, perché la coppia aveva nel frattempo deciso di separarsi. Lo studio concludeva dunque che la terapia con partners surrogati era particolarmente indicata per donne sofferenti di vaginismo e con partners poco collaborativi. Non è detto, tuttavia, aggiungono i ricercatori, che ciò che accade in un rapporto sessuale pilotato e “assistito” possa poi ripetersi in un rapporto normale, con il proprio partner, così come in un rapporto occasionale.
La perplessità maggiore, nell’uso di questi professionisti del sesso è che, per ora, a livello legale non vi siano differenze fra le loro prestazioni e quelle delle persone dedite alla prostituzione. Un altro problema è che potrebbe inevitabilmente nascere un affetto tra pazienti e partner surrogati, con la illusoria convinzione, da parte del paziente, di poter essere ricambiato sentimentalmente dal “terapeuta”, che invece fa sesso per mestiere e per questo viene retribuito. Il problema dunque è anche etico.
Concludendo, sicuramente non possiamo assimilare questi trattamenti a quelli di un fisioterapista, ma dobbiamo dire che vi siamo molto vicini, perché certamente nell’infermità e nella disabilità, nessuno può negare che questi trattamenti possano effettivamente donare ai pazienti un momento di felicità, e dunque di salute, fisica e mentale.
Questo lavoro non va comunque confuso, in nessun modo, con quello degli psicologi o dei sessuologi, perché la nostra professione parte da un assunto completamente diverso, cioè che il più importante organo sessuale umano sia il cervello. Ed è esclusivamente a questo organo che continueremo a prestare le nostre attenzioni cliniche…
Vedi anche la situazione in Francia: Assistenti Sessuali.
Dr. Giuliana Proietti
“Non si progredisce migliorando ciò che è già stato,
bensì cercando di realizzare ciò che ancora non esiste”.
(Khalil Gibran)
Pubblicato anche su Huffington Post
Immagine:
Pexels
La Dr.ssa Giuliana Proietti presta la sua attività professionale su Clinica della Coppia
come Direttrice Scientifica e Terapeuta Senior

Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona
● Attività libero professionale, prevalentemente online
● Saggista e Blogger
● Collaborazioni professionali ed elaborazione di test per quotidiani e periodici a diffusione nazionale
● Conduzione seminari di sviluppo personale
● Attività di formazione ed alta formazione presso Enti privati e pubblici
● Co-fondatrice dei Siti www.psicolinea.it, www.clinicadellacoppia.it, www.clinicadellatimidezza.it e delle attività loro collegate, sul trattamento dell’ansia, della timidezza e delle fobie sociali e del loro legame con la sessualità.
Sito personale: www.giulianaproietti.it