Riflessioni sull’educazione sessuale
Debby Herbenick, co-direttrice del Center for Sexual Health Promotion presso la Indiana University ed autrice del libro “Sex Made Easy: Your Awkward Questions Answered — For Better, Smarter, Amazing Sex” ha scritto un interessante articolo sul New York Times, in cui sostiene che l’educazione sessuale è imprescindibile, anche oggi, ai tempi di Internet.
La sua analisi parte dalla disponibilità, facile e gratuita, di pornografia che oggi hanno non solo gli adulti, ma anche gli adolescenti, per non dire i bambini: questo è il grande fenomeno sociale che differenzia questa generazione dalle precedenti, che al massimo dovevano contentarsi di una occasionale sbirciatina delle riviste porno comprate di nascosto in edicola.
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La ricerca, ricorda l’autrice, ha dimostrato che i ragazzi che guardano il porno online sono quelli che con maggiore probabilità in seguito attueranno comportamenti sessuali particolari (come il sesso anale e il sesso di gruppo) o inizieranno ad avere rapporti sessuali in giovanissima età. Quello dunque che c’è da chiedersi è: questi ragazzi sono precocemente e particolarmente interessati al sesso e dunque guardano la pornografia, oppure è la pornografia a spingerli verso questo tipo particolare di sesso?
Debby Herbenick cita, per rispondere a questa domanda, le conclusioni di un recente studio, il quale ha scoperto che il porno più popolare mostra scene di sesso anale nel 55 per cento delle scene, mentre i dati raccolti dal team di ricerca della Herbenick suggeriscono che, ad esempio, solo il 4 per cento circa degli americani pratica effettivamente sesso anale: una differenza considerevole, sostiene la psicologa americana, che sottolinea il fatto che il porno va considerato come un racconto, una fiction,e non certo come un elemento di realtà. Altre questioni importanti in cui il porno può essere un cattivo maestro riguardano il modo in cui vengono generalmente presentate le donne (cioè come oggetti sessuali),il maggior rilievo che viene dato al sesso occasionale anziché al rapporto affettivo ed il modo in cui, in queste storie, la coppia inizia ad avere rapporti sessuali: senza che i partners si dicano almeno come si chiamano, o senza usare mai i preservativi.
Dr. Giuliana Proietti Psicoterapeuta Sessuologa
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Dr. Walter La Gatta Psicoterapeuta Sessuologo
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La pornografia dunque dovrebbe, secondo la Herbenick, essere considerata come un qualcosa di simile ad un genere letterario, per i suoi appassionati, dal momento che rappresenta una finzione e non rispecchia assolutamente la realtà: il problema è che spesso per i giovani questo diventa invece l’unico vero strumento di educazione sessuale…
I ragazzi fanno proprie, osservando queste scene, alcune informazioni distorte, ritenendo ad esempio, dice ancora la psicologa americana, che il sesso anale o di gruppo siano esperienze comuni, che i genitali debbano essere senza peli, ecc. Quando poi questi ragazzi iniziano una storia vera con qualcuno cui tengono, essi scoprono che nel rapporto di coppia la sessualità è cosa ben diversa da quella conosciuta online. E’ la stessa cosa, viene precisato nell’articolo, che succede alle ragazze che si sono formate sui romanzi rosa, le telenovelle o anche libri di soft porn, tipo “Cinquanta sfumature di grigio”.
Il problema, conclude la ricercatrice americana, non deve dunque essere individuato nella pornografia o in un libro come “cinquanta sfumature di grigio”: il vero problema deve essere ricercato nella assenza di educazione sessuale nelle famiglie. Se i genitori e le scuole non forniscono agli adolescenti notizie sul sesso, sull’affettività e sulla salute sessuale, la pornografia rimarrà la loro unica fonte primaria di informazione sessuale. Questo è il pericolo: la soluzione individuata è dunque quella di una educazione sessuale altamente diffusa nelle scuole, che inizi quando i bambini sono ancora piccoli e che li segua poi nel loro sviluppo psico-sessuale, adeguandosi alle diverse età. Non è ammissibile, viene detto nell’articolo, che per svolgere questo compito possano considerarsi sufficienti delle proiezioni nelle scuole che illustrano lo sviluppo sessuale.
La terapia di coppia offre un percorso verso il cambiamento,
immediato e duraturo.
I ragazzi e le ragazze avrebbero piuttosto bisogno di conoscere i loro corpi, di sapere come condividere le emozioni, così come ciò che nel sesso è comune (e ciò che non lo è) , in modo che, nel praticare la sessualità essi possano evitare di riprodurre le scene pornografiche, spesso rischiose, osservate online. Essi dovrebbero sapere che la pornografia e i romanzi d’amore sono entrambi delle fiction, sul sesso e sull’amore, e che sta a loro creare, nella realtà, la vita sessuale che desiderano.
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Fonte:
No Substitute for Sex Ed, New York Times
Vorrei aggiungere un paio di riflessioni personali a quanto detto dalla collega americana sul tema della pornografia, che condivido pienamente. E’ vero: la pornografia è una cattiva maestra, non solo quando mostra le sue scene inconsuete e fantasiose, create ad arte per suscitare il desiderio sessuale, soprattutto maschile, ma anche quando rappresenta rapporti fra partners sessuali così poveri di umanità e spesso svolti sotto costrizione. Non a caso molte giovani ragazze diventano oggi vittime di bullismo sessuale, da parte dei loro compagni, pensando che questa sia la “normalità” maschile: piena di aggressioni, fisiche e verbali. Giusto dunque far passare il messaggio che la pornografia è fiction, come fiction sono le storie irreali del genere rosa, su cui tante ragazze si formano la prima idea dell’amore e del sesso.
C’è un punto però su cui non condivido affatto la posizione della collega americana: chi può dire ad un ragazzo cosa è lecito e cosa non lo è, nella sessualità? Chi può dire questo è “normale” e questo “non è normale”? Dobbiamo ammettere che noi adulti siamo sempre e comunque di parte quando esprimiamo i nostri pareri in merito a questi argomenti: ad esempio, un adulto di fede cattolica potrebbe dire che mettere il preservativo o masturbarsi è cosa niente affatto normale (e che anzi, facendolo, si commettono peccati molto gravi); un laico potrebbe invece insegnare ai figli che, nel sesso, tutto è bene, purché ci sia piacere e consenso (un lassaiz-faire che molti potrebbero giudicare riprovevole in un genitore); un salutista potrebbe obiettare che “non è normale” toccarsi o baciarsi se prima non ci si è fatta la doccia, o lavati i denti; un conservatore potrebbe trasmettere la convinzione che il bacio omosessuale in pubblico sia non solo un peccato, ma anche un reato…
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Il suggerimento implicito che dà l’autrice del pezzo, cioè quello di insegnare ai giovani che il sesso “buono” è quello che fa la maggior parte parte delle persone non mi sembra condivisibile: in primis mi chiedo, dal punto di vista pratico, come possa un genitore sapere cosa faccia effettivamente la maggior parte delle persone…E’ ovvio che tutti faranno riferimento anzitutto alla propria esperienza personale e alle proprie convinzioni, comunicando così una lettura parziale, e dunque distorta, della complessità che riguarda la vita sessuale degli esseri umani.
Inoltre, anche ammettendo che possa esservi un dato scientifico e incontestabile riguardo al “così fan tutti”: siamo davvero convinti che fare quello che fanno tutti sia sempre la cosa migliore? Per fare un esempio, la maggior parte degli uomini quando fa sesso non usa cominciare dai preliminari, ma questa non è certo una cosa “buona” nella qualità del rapporto, specialmente se vista da un’ottica femminile… Dunque?
Credo che, riguardo all’educazione sessuale, occorrerebbe fare queste tre considerazioni:
1. Non esistono ricette che possano andare bene per tutti: la sessualità è un mistero che non può essere svelato e qualsiasi tentativo di farlo, secondo una lettura o l’altra è potenzialmente sbagliato e dannoso, perché non si fa altro che trasmettere informazioni parziali come se fossero valori universali, diffondendo così stereotipi e pregiudizi strettamente legati alla propria esperienza personale, al proprio gruppo sociale di riferimento, alla propria chiesa, alla propria concezione dell’etica e così via.
2. Come genitori e come educatori, occorre avvicinarsi all’educazione sessuale nel modo più naturale e neutrale possibile, facendolo sin da quando i bambini sono molto piccoli, fornendo loro tutte le informazioni utili per prevenire gli aspetti negativi della sessualità (malattie, gravidanze indesiderate, violenza fisica, bullismo, ecc.), ma mantenendo quanto più possibile un atteggiamento neutrale, che analizzi in modo critico i pro e i contro dei vari atteggiamenti e comportamenti, specialmente riguardo ai pregiudizi più diffusi sulla sessualità, come ad esempio quelli relativi all’orientamento sessuale.
3. Infine, credo che la parola che più di ogni altra dovrebbe essere messa in evidenza, nel contesto dell’educazione sessuale sia questa: “rispetto“, per sé stessi e per l’altro/a. Se si riesce a trasmettere questo valore, credo che qualsiasi altro concetto sia marginale e accessorio.
Dr. Giuliana Proietti
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Una presentazione sull'orgasmo femminile
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
ANCONA FABRIANO CIVITANOVA MARCHE TERNI e ONLINE
● Attività libero professionale, prevalentemente online
● Saggista e Blogger
● Collaborazioni professionali ed elaborazione di test per quotidiani e periodici a diffusione nazionale
● Conduzione seminari di sviluppo personale
● Attività di formazione ed alta formazione presso Enti privati e pubblici
● Co-fondatrice dei Siti www.psicolinea.it, www.clinicadellacoppia.it, www.clinicadellatimidezza.it e delle attività loro collegate, sul trattamento dell’ansia, della timidezza e delle fobie sociali e del loro legame con la sessualità.
Sito personale: www.giulianaproietti.it