Il Revenge Porn
Le relazioni sentimentali, o anche solo sessuali, cominciano tutte bene, ma non sempre finiscono altrettanto bene ed alcune di esse lasciano degli strascichi, non necessariamente psicologici, che possono durare tutta la vita.
È il caso di quello che in lingua inglese si chiama “revenge porn” (in italiano “porno della vendetta”): una nuova forma di stalking tecnologico, che si serve di Internet (siti web specializzati o social network, come Facebook e Linkedin) per umiliare la persona con la quale si è avuta una relazione, o semplicemente un rapporto sessuale, in modo da rovinarle la vita, a costo zero.
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Questi “vendicatori”, che naturalmente sono persone fortemente disturbate, sia sul piano psicologico, sia su quello sessuale, postano su Internet fotografie o video dell’ex, in pose o atteggiamenti “hard”. Spesso a queste immagini vengono aggiunti anche i numeri di telefono della vittima, il suo indirizzo di casa, il suo profilo Facebook, in modo che digitando, per qualsiasi ragione, il suo nome su Google, si venga immediatamente in possesso di tutti i documenti che la riguardano, ivi incluse le immagini scabrose pubblicate a sua insaputa.
Chi subisce questo trattamento ovviamente prova enorme imbarazzo e umiliazione per questa esposizione pubblica della sua vita più intima, oltre a sensi profondi di insicurezza, dal momento che, relazionandosi con qualcuno, non può non chiedersi se la persona con cui sta parlando abbia già visionato quelle immagini, oppure ne abbia sentito parlare.
Le immagini imbarazzanti pubblicate per vendetta possono essere state riprese con il consenso della vittima, in un momento in cui la relazione sembrava andare bene, oppure riprese con l’inganno, attraverso una foto-video-camera nascosta, all’insaputa della vittima. (Dovrebbe insospettire il fatto che il violentatore, perché di questo in fin dei conti si tratta, cerchi di girare il volto della partner sempre in una certa direzione, dove è posizionata la telecamera, in modo da renderla riconoscibile, anche se in certi momenti a tutto si pensa, fuorché alle telecamere nascoste…).

Va detto che, anche prima dell’invenzione di Internet, chi si voleva vendicare per una relazione finita male, aveva molti strumenti: lettere anonime, pettegolezzi, maldicenze di vario genere, rivelazione dei segreti della persona e molto altro.
Queste cattiverie verso l’ex rimanevano tuttavia all’interno della cerchia delle persone con cui i due ex avevano rapporti e se è vero che la vittima veniva attaccata nella sua rispettabilità sociale, è anche vero che cambiando amicizie, lavoro o città, in qualche modo poteva ricostruire la sua vita.
Nell’era di Internet invece non è possibile cancellare il passato: tutto quello che è stato messo in Rete e condiviso appartiene a tutti, anche se tutto ciò è accaduto a propria insaputa e contro la propria volontà. Anche quando si riuscisse a far cancellare testi o immagini che violano la propria privacy, questo avviene in genere quando la vendetta è già compiuta ed ha già prodotto i suoi effetti.
È normale dunque che, dopo un attacco del genere, la vittima si senta impotente, depressa, sfiduciata, tanto da poter cercare la pace perduta nella fuga da tutto e tutti (attraverso farmaci, droghe o perfino tentativi di suicidio). Peraltro la cronaca ci informa che, dopo aver subito questo tipo di trattamento, le vittime, anziché essere sostenute dalla propria comunità, vengono licenziate dal posto di lavoro o allontanate da amici e conoscenti, come se avessero esse stesse cercato quel tipo di notorietà.
Negli Stati Uniti (ma si può trovare qualcosa anche in Italia…) si vanno sempre più diffondendo dei siti specializzati in questo genere di umiliazioni pubbliche dell’ex dove, neanche a dirlo, la maggior parte delle vittime sono donne (il 60-70% secondo quanto afferma Danielle Citron, una studiosa dell’Università del Maryland). Gli uomini vengono presi di mira in percentuali molto minori (specialmente se sono gay).
Uno di questi siti era IsAnybodyDown.com (nel quale oggi si può leggere una lettera di scuse del proprietario, Craig R. Brittain, il quale oltre a chiedere perdono per ciò che ha fatto annuncia di voler usare il suo dominio per ospitare una associazione che combatte il revenge porn). Nel sito sono state pubblicate immagini private di un’infinità di donne, mettendole a disposizione degli utenti. Craig Brittain si era a sua volta ispirato a un altro sito, IsAnyoneUp, chiuso nel 2012 dal suo stesso fondatore Hunter Moore, un ragazzo conosciuto per vari atti di bullismo, che si autodefiniva “un distruttore professionista di vite altrui” e che presentava l’attività svolta dal suo sito come: “pura malvagità”.
Il tentato business di questi siti non consisteva nel pagare e poi rivendere i filmati, che venivano pubblicati gratuitamente, quanto nell’estorcere alle vittime del denaro, per cancellare le immagini compromettenti, operazione che poteva costare dai 250 ai 500 dollari.
Il trentenne Craig Brittain, malgrado tutto ciò, è stato qualche giorno fa condannato ad una semplice ammonizione: non potrà più pubblicare immagini compromettenti senza il consenso delle persone ritratte, o rischierà una sanzione di 16 mila dollari per ogni giorno in cui commetterà una violazione.
In California nel 2013 è stata approvata una legge che ha prodotto le prime condanne: nei confronti di un ex-partner vendicativo, e l’altra nei confronti di Kevin Bollaert, il quale gestiva il sito ugotposted.com, e che per questo motivo rischia ora di dover scontare fino a 24 anni di carcere. Una legge altrettanto restrittiva è stata adottata anche nel New Jersey.
Dietro i siti di revenge porn ci sono in genere tutti uomini, tutti piuttosto giovani: essi si difendono con la solita vecchia scusa per cui le vittime “se la sono cercata”, avendo acconsentito alla ripresa delle immagini, oppure semplicemente avendo ceduto alla proposta sessuale. (Il ragionamento è più o meno questo: le donne serie non cedono. Chi cede non merita rispetto e pertanto non può lamentarsi di nulla.)
Si è visto in America che le vittime che hanno osato sporgere denuncia contro i siti del porno-vendetta, hanno dovuto poi subire un’ulteriore vendetta da parte dei gestori di questi siti i quali, obbligati per legge a cancellare le immagini, prima di adempiere al provvedimento, le inoltravano ad altri siti collegati, che magari si trovavano in un differente Stato, non sottoposto alla stessa legislazione.
Un altro problema che hanno riscontrato gli avvocati americani è che i gestori di questi siti non hanno in realtà molto da perdere: sono tutti giovani, aprono questi siti per sciocco divertimento e contro di loro non è possibile fare assolutamente nulla per ottenere un congruo risarcimento.
In America stanno nascendo anche organizzazioni che combattono il porno involontario, come Women Against Revenge Porn.com.
Per il momento in Italia il fenomeno è ancora limitato, ma sappiamo bene che certe mode prima o poi arriveranno anche da noi, dal momento che anche da questa parte del mondo non mancano né i “vendicatori”, né ragazzotti disoccupati e dediti alla pornografia online, che per scherzo decidono di aprire un sito da dedicare a questa nuova moda. Ecco perché occorre iniziare a informarsi.
Resta da dire che è veramente triste che una relazione fra due persone che si sono amate, o quanto meno desiderate, possa finire in un modo così squallido e degradante.
Dr. Giuliana Proietti
“Non si progredisce migliorando ciò che è già stato,
bensì cercando di realizzare ciò che ancora non esiste”.
(Khalil Gibran)
Pubblicato anche su Huffington Post
Immagine:
Flickr
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