Né gay, né etero: riflessioni sulla sessualità liquida
Come aveva previsto il sociologo Zygmunt Bauman (Vita Liquida, 2008), la società umana sembra essere sempre più convinta che per raggiungere la felicità basti sbarazzarsi, quanto più possibile, di vincoli e di regole: la nostra organizzazione sociale somiglia sempre più ad una sostanza liquida, dissolta, dove le persone si comportano come molecole fluttuanti, non più capaci di legarsi in rapporti stabili.
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La stessa cosa è osservabile anche in campo sessuale: gli individui desiderano esplorare sempre di più tutti gli ambiti della sessualità e spingersi ben oltre quelli che una volta erano considerati i confini naturali, come ad esempio la certezza assoluta su aspetti quali identità e orientamento sessuale. Una recente ricerca, condotta da YouGov, un istituto di ricerca online, su un campione di soggetti britannici, mostra i numeri di questa situazione: la metà dei giovani britannici che hanno attualmente un’età compresa fra 18 e 24 anni, cioè il 49% del gruppo, si dichiara “né gay né etero”, ma una via di mezzo fra questi due diversi orientamenti sessuali.
In primis questo risultato viene a confermare, dopo 75 anni, la validità della controversa teoria di Alfred Kinsey sull’orientamento sessuale. Questo pioniere della sessuologia teorizzava che l’orientamento sessuale delle persone dovesse essere considerato su un continuum e non come una scelta netta e binaria fra omosessualità e eterosessualità.
La figura e l’opera di Kinsey sono state nel tempo ridimensionate, dato lo stile di vita piuttosto trasgressivo del ricercatore e la carenza di regole etiche nella sua ricerca. Per citare le notizie riportate nella biografia scritta da James Jones (2004), il sessuologo e la moglie avevano una relazione di coppia aperta, che prevedeva relazioni sessuali con altri partners (nel caso di Kinsey anche omosessuali). Si sa inoltre che Kinsey ebbe relazioni con i suoi studenti e con i soggetti della sua ricerca, giustificati come necessari per finalità scientifiche.
La parte in assoluto più controversa del lavoro di Kinsey riguarda però alcune tabelle di dati che riportano le osservazioni di orgasmi in bambini di età compresa tra cinque mesi e quattordici anni. Kinsey sostenne che questi dati fossero stati raccolti attraverso i ricordi di soggetti adulti, ma la cosa è sempre apparsa poco credibile.
Al di là di queste ombre, nel suo famoso libro Il comportamento sessuale nel maschio umano (1948), Kinsey scriveva: “Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso”.
n. 8407 – Ordine degli psicologi del Lazio
Tornando al sondaggio di YouGov, i partecipanti dovevano dunque collocarsi sulla “scala della sessualità” di Kinsey, che va dalla posizione 0 (totalmente eterosessuale) alla posizione 6 (totalmente omosessuale): su un totale di 1632 persone intervistate, di tutte le età, il 72% dei britannici si è collocato sulla posizione 0, cioè “completamente eterosessuale” della scala, il 4% si è collocato nella posizione 6 cioè “completamente omosessuale”, e il 19% si è collocato in una posizione intermedia. Tra le persone che si sono collocate nell’area 1-5, il 15% ha dichiarato di sentirsi più vicino alla posizione eterosessuale, il 2% è equidistante dalle due posizioni e il 2% si sente più vicino alla posizione omosessuale.
Il risultato più sorprendente, che richiama la teoria della sessualità liquida, è quella che riguarda la fascia d’età 18-24 anni: in questo gruppo infatti, solo il 46% si è dichiarato totalmente eterosessuale, il 6% si è dichiarato totalmente omosessuale e il 43% si è collocato in una terra di mezzo fra queste due polarità. Cifre più attenuate, ma simili, sono state registrate anche nei soggetti di 26-39 anni di età.
I ricercatori di YouGov specificano, forse per tranquillizzare, che più ci si allontana dal punto 0, maggiore è la possibilità che si siano avuti approcci sessuali anche con soggetti del proprio sesso, ma questo non significa necessariamente che la sessualità bisex sia davvero messa in pratica; probabilmente si tratta semplicemente di una maggiore apertura mentale, da parte dei giovani, nei confronti della sessualità.
Ora, sebbene si intuisca l’intento rassicurante di questi ricercatori che sanno di dare una notizia abbastanza sconvolgente a livello sociale, non a caso ne parlano i giornali di tutto il mondo, posso confermare che anche nel mio studio di sessuologia ho ricevuto decine di ragazzi di pari età e di pari incertezza sessuale, non sempre dovuta a pratiche attive, ma piuttosto ad accese fantasie, generate spesso dalla visione di filmati pornografici.
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L’altro dato interessante di questo sondaggio è, a mio parere, il fatto che fra i soggetti più anziani, gli over 60, il 96 per cento si siano dichiarati etero e solo l’uno per cento si sia definito omosessuale, rendendo la fascia degli “indecisi” alquanto minimale. Ciò significa evidentemente che una cultura più restrittiva e una società più normativa spingono le persone verso l’omologazione, anche in campo sessuale, dando loro false certezze (le famose “gabbie” di cui parlava Kinsey).
L’orientamento sessuale infatti non è, come molti pensano, un prodotto esclusivo della biologia, visto che è innegabile l’influenza che cultura e norme sociali hanno su di esso. Basti pensare al caso dell’antica Grecia, dove la paiderastia era una relazione intrapresa tra un maschio più anziano ed un giovane adolescente. La relazione prevedeva che il più anziano educasse, proteggesse, amasse e si proponesse come modello di virtù: quasi un rituale educativo per il giovane amante, che dava in cambio la sua bellezza e la sua gioventù.
Questo non impediva agli uomini di sposarsi con una donna e di avere rapporti anche con prostitute. Il comportamento bisessuale nell’antica Grecia era talmente diffuso che rendeva problematica perfino l’acquisizione di una chiara identità omosessuale, intesa come preferenza esclusiva per il sesso maschile. Altro caso: Roma antica. La bisessualità era ugualmente diffusa a Roma, dove gli uomini di più elevato status sociale potevano cercare il piacere anche in soggetti dello stesso sesso, purché fosse mantenuto il ruolo attivo e la sessualità omosessuale fosse praticata con soggetti di status inferiore.
Gli antichi romani potevano dunque usufruire delle prestazioni sessuali fornite dalle mogli, soprattutto a fini riproduttivi e poi, con finalità più ricreative, da prostitute, schiavi e liberti, di entrambi i sessi. Più che di libertà sessuale si trattava, in questo caso, di libertà di stupro e di pedofilia. In pratica, vigeva la legge del più forte e i comportamenti bisessuali erano normali, in quanto normale era la sopraffazione di una classe sociale sull’altra, e con essa la libertà di seguire tutti i propri istinti nei confronti di chi non poteva in alcun modo difendersi.
Da sempre dunque il concetto di libertà individuale, anche in campo sessuale, è strettamente legato non all’etica individuale, ma alle norme sociali e culturali che regolano i comportamenti delle persone. Per fare qualche esempio, dalle nostre parti un uomo che ha una relazione con due donne si sentirebbe un bigamo e svilupperebbe probabilmente un senso di colpa nei confronti di entrambe, mentre se lo stesso uomo fosse nato e cresciuto nei Paesi arabi si sentirebbe una persona assolutamente normale e magari penserebbe a sposare una terza moglie. La monogamia non è un fatto biologico, è un fatto culturale. Vale la stessa cosa per la cultura dello stupro: un indiano può ancora impunemente stuprare una ragazza, se questa appartiene alla casta “Dalit”, cioè al gradino più basso della scala sociale; in Europa un uomo non si sentirebbe altrettanto libero di togliersi questo sfizio.
Quanto le norme sociali influenzino la vita dei cittadini e le loro libertà individuali lo spiegò benissimo Sigmund Freud (“Il disagio della civiltà”, 1929) quando teorizzò che se gli esseri umani non fossero condizionati e rinforzati nei loro comportamenti dalle leggi e dalla cultura, diventerebbero molto probabilmente dei ladri, degli stupratori e degli assassini, in quanto preda dei loro istinti naturali. La libertà di seguire apertamente le proprie pulsioni non è sempre sinonimo di civiltà e di progresso, dal momento che nella storia umana la libertà ha preceduto la creazione della cultura e non viceversa.
Scrive infatti Freud: “La libertà non è un beneficio della cultura: era più grande prima di qualsiasi cultura, e ha subito restrizioni con l’evolversi della civiltà”. Queste restrizioni sociali poste come limite invalicabile per i nostri istinti portano dunque alla civiltà e al progresso, anche se generano l’effetto collaterale della nevrosi, da cui tutti gli esseri umani sono affetti. La restrizione delle libertà individuali dunque, nonostante la elevata frustrazione che comporta alle persone, è per Freud un male necessario per la convivenza pacifica all’interno dell’organizzazione sociale nella quale si vive.
La sessualità, anche dopo la rivoluzione sessuale degli anni sessanta, non è mai stata così libera come oggi; le persone un tempo non mettevano così facilmente in discussione la propria identità sessuale e, tranne i casi di omosessualità, la maggior parte degli uomini aveva relazioni sessuali prevalentemente con il sesso femminile e altrettanto facevano le donne nei confronti del sesso maschile.
Potremmo dire oggi che le norme sociali, le consuetudini, le tradizioni, i pregiudizi, influenzavano così tanto le persone da impedire loro di pensare a delle possibili alternative, portandole a reprimere sul nascere qualsiasi pulsione sessuale non apprezzabile dal punto di vista sociale. Questo ha sicuramente dato alle generazioni precedenti delle false certezze sulla propria natura sessuale, perché è mancata l’informazione, la discussione, la libertà di azione, e questo lo vediamo con chiarezza nel fatto che gli anziani sembrano assai meno dubbiosi dei giovani riguardo alla loro sessualità.
DR. GIULIANA PROIETTI
Psicoterapeuta Sessuologa
Terapie online,
individuali e di coppia
Tel. 347 0375949
Resta da chiedersi ora, alla luce di tutto ciò, quale sia il nuovo punto di equilibrio fra libertà individuali e progresso sociale, fino a che punto le libertà individuali possano spingersi senza impoverire l’assetto sociale e l’aspirazione ad un maggiore livello di civiltà e cosa sia meglio, per la salute e il benessere sessuale delle persone: vivere di false certezze, come avveniva un tempo, o vivere nella incertezza e nella indeterminatezza, sin dai primi anni di vita, come accade oggi?
Spero che le scienze psicologiche e sociali possano darci al più presto una risposta.
Dr. Giuliana Proietti
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“Non si progredisce migliorando ciò che è già stato,
bensì cercando di realizzare ciò che ancora non esiste”.
(Khalil Gibran)
Pubblicato anche su Huffington Post
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Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa (attività libero-professionale in Ancona, Roma, Civitanova Marche e Fabriano)
● Responsabile scientifico del sito www.psicolinea.it
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● Collaborazioni professionali ed elaborazione di test per quotidiani e periodici a diffusione nazionale
● Conduzione seminari di sviluppo personale
● Attività di formazione ed alta formazione presso Enti privati e pubblici
● Co-fondatrice dei Siti www.psicolinea.it, www.clinicadellacoppia.it, www.clinicadellatimidezza.it e delle attività loro collegate, sul trattamento dell’ansia, della timidezza e delle fobie sociali e del loro legame con la sessualità.
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