Il matrimonio musulmano
Cosa sappiamo in occidente sul matrimonio musulmano? Molto poco. Ecco allora qualche notizia utile.
Nel mondo musulmano, il matrimonio è un contratto verbale, che può anche essere scritto. L’uomo e la donna devono esprimere, davanti ad almeno due testimoni, il loro desiderio di vivere come marito e moglie. Le nozze possono essere celebrate nella moschea, nel municipio o presso il domicilio degli sposi.
Ad officiare il matrimonio è il tutore della sposa: la formula di rito consiste nel chiedere ai fidanzati se desiderano vivere insieme come marito e moglie e ricorda, nei dettagli, le condizioni del contratto concluso. In alternativa, possono essere i fidanzati stessi ad affermare di voler vivere insieme come marito e moglie, cui segue l’assenso del tutore. La donna non può di norma concludere direttamente il matrimonio: l’intervento del tutore si rende dunque indispensabile.
Prima della celebrazione del matrimonio musulmano, gli sposi devono aver raggiunto un accordo su una cifra (detta donativo nuziale, «mahr»), che il marito dovrà versare a sua moglie e di cui la moglie può disporre come meglio crede. L’uomo, regalando questa somma di denaro alla moglie, testimonia affetto e volontà di impegnarsi in una relazione duratura.
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Per proteggere gli interessi della donna il contratto matrimoniale può prevedere che esso venga pagato in tutto o in parte al momento del ripudio o della morte: nel primo caso la clausola agisce come un deterrente nei confronti dell’esercizio arbitrario e capriccioso del ripudio (potere che la sharî‘a attribuisce al marito e non alla moglie). In caso di morte del marito invece la corresponsione di un mahr di qualche importanza può essere di grande aiuto alla vedova, che ha scarsi diritti ereditari sul patrimonio del coniuge.
Le parti possono apporre al contratto clausole e stipulazioni dirette a modificarne gli effetti tipici, purché non contrastanti con i principi irrinunciabili che lo reggono: la moglie potrebbe pretendere dal marito, ad esempio, l’impegno a non trasferire il domicilio coniugale dalla città di origine, di permetterle di esercitare una professione o di partecipare alla vita pubblica, di non chiederle di seguirlo nei suoi viaggi. Il marito potrebbe invece promettere di non sposare un’altra donna (clausola di monogamia), o dare alla donna mandato di “autoripudiarsi” (!)
Tra gli sposi non devono esservi legami di parentela, affinità e allattamento (il rapporto viene assimilato alla parentela di sangue).
Il Corano fa obbligo al marito di trattare le proprie mogli con giustizia (4,3) – (per cui se ritiene di non poter essere giusto con tutte, meglio limitare il numero di mogli). La legge del Corano permette al marito di picchiare la moglie, ma secondo particolari regole. Le ragioni per cui questo atto violento viene considerato lecito sono le seguenti:
1. Allah avrebbe creato l’uomo superiore alla donna (vedi Corano nella sura IV, detta al-Nisāʾversetto 34: ” Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre”)
2. La moglie viene mantenuta economicamente dal marito e per questo gli deve obbedire,
3. E’ importante che la famiglia resti unita e se la donna non si sottomette alla volontà del marito, questo deve fare di tutto per riportare ordine, cominciando con ammonizioni, rifiuto dei rapporti sessuali e, infine, le botte.
Nel già citato Corano, sura IV, detta al-Nisāʾ (delle donne), versetto 34 si legge anche che: « Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. »
La moglie va picchiata secondo specifiche regole. Eccone alcune:
– Non picchiare la moglie di fronte ai figli: deve rimanere un episodio di vita coniugale conosciuto solo dagli interessati;
– Le botte non devono produrre ferite o lividi;
– Evitare di picchiarla sul viso o in altre parti sensibili del corpo;
– Non vi devono essere sanguinamenti o rottura delle ossa.
Se il marito non presta attenzione a queste accortezze, viola la legge di Allah. Il marito infatti, secondo il Corano, “non può considerare sua moglie come una merce, non può farle tutto quello che vuole” (!). Se anche la moglie decidesse di perdonare il marito per ciò che le ha fatto, non è detto che Allah farà altrettanto con lui, il giorno del giudizio.
L’anno scorso, in Afghanistan, è stato tentato di introdurre una nuova legge (poi abrogata per la rivolta di alcune femministe e delle pressioni internazionali) che ripristinava, di fatto, la legge talebana sul diritto di famiglia, autorizzando ad esempio le violenze e i rapporti sessuali coatti all’interno del matrimonio. Il marito, in forza di questa legge, poteva pretendere di avere rapporti sessuali ogni quattro giorni, a meno che la moglie non fosse malata. La nuova legge vietava inoltre alle donne di lasciare la casa senza permesso, salvo in caso di bisogno o difficoltà. Le donne non potevano cercarsi un lavoro o andare dal medico senza il permesso del consorte; la custodia dei figli era affidata esclusivamente ai padri e ai nonni. Il testo permetteva inoltre tacitamente il matrimonio delle bambine e assicurava agli uomini maggiori diritti in materia di eredità.
La legge non è passata, ma i fondamentalisti non si sono arresi. Come riporta il Telegraph in questi giorni, lo sceicco Maulana Abu Sayeed, presidente dell’Islamic Sharia Council del Regno Unito, che gestisce la più importante rete di corti islamiche d’Oltremanica, ha sostenuto che “fare sesso senza il consenso della moglie non è una cosa buona, ma non è stupro”. La sharia, sostiene Sayeed, considera infatti lo stupro “un adulterio con l’uso della forza”, ma poiché tra moglie e marito non può esservi adulterio, “non può dunque esservi nemmeno lo stupro”.
Le leggi sul matrimonio musulmano ammettono il ripudio della donna da parte dell’uomo. Per ripudiare la moglie l’uomo deve pronunciare dichiarazione di ripudio: non occorre che tale dichiarazione sia motivata, né che la donna sia presente ad essa o che ne sia informata. Il marito ha facoltà di ripudiare tre volte ogni moglie: dopo il terzo ripudio, l’uomo non può più ritornare sulla propria decisione e riprendere con sé la moglie. La regola generale prevede che l’uomo permetta alla moglie di restare dopo il divorzio, fino alla fine del suo periodo mestruale o per 3 mesi, se lei lo desidera (ritiro legale (‘idda). Durante questo periodo la coppia è divorziata, anche se vive sotto lo stesso tetto e il marito è obbligato a mantenere la donna (che potrebbe essere incinta). Superato questo periodo il marito non ha più obblighi nei confronti della moglie.
L’uomo, in caso di ripudio, è obbligato a dare a sua moglie un dono o una somma di denaro equivalente ad almeno la metà del mahr. Condizioni specifiche su come viene condotto il divorzio si applicano anche nel caso la donna sia incinta, o abbia partorito appena prima del divorzio. (Si veda: Corano 2:228-232, 236, 237, 241 e 65:1-7, 4:35)
Giuliana Proietti
“Non si progredisce migliorando ciò che è già stato,
bensì cercando di realizzare ciò che ancora non esiste”.
(Khalil Gibran)
Fonti:
Storia della donna nell’Islam, Wikipedia
Come picchiare la moglie, video:
http://www.youtube.com/watch?v=Wp3Eam5FX58&NR=1
Immagine:
Freepik
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