Attrazione sessuale e psicologia evoluzionista

attrazione sessuale

Attrazione sessuale e psicologia evoluzionista

 

Nelle culture primitive la capacità di procreare sembrava inizialmente che fosse una prerogativa unicamente femminile: erano le donne infatti che in modo manifesto  avevano la gravidanza, il parto, l’allattamento. Questo mito della dea onnipotente, della grande madre, non durò però a lungo, perché l’uomo ad un certo punto cominciò a rendersi conto dell’importanza del suo contributo nella procreazione. Da allora le cose cominciarono a cambiare.

Dal punto di vista storico si ritiene che fino a quel momento i rapporti sessuali siano stati sicuramente liberi, in quanto non legati al concetto di genitorialità ed in particolare di paternità. In seguito però l’uomo si impegnò a garantire il mantenimento della compagna durante la gravidanza e l’allevamento dei piccoli (cosa che faceva sicuramente comodo anche alla donna) solo in cambio di una prole biologica certa. Le donne erano dunque tenute alla fedeltà, gli uomini no, e per un motivo specifico.

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Per lungo tempo i figli sono stati la più grande fonte di ricchezza per la famiglia, in quanto aiutavano nella raccolta e nella caccia, per cui gli uomini desideravano avere molti figli, anche da donne diverse. D’altro canto le donne, vista la fatica della gravidanza (che poteva anche costare loro la vita), cominciarono ad accoppiarsi solamente con degli uomini che avessero i caratteri ed i mezzi per poter  garantire la sopravvivenza propria e della loro prole. Molte teorie dunque sono concordi nel ritenere la coppia monogamica come funzionale ad ottenere una prole “di qualità”.

Charles Darwin studiò molto l’attrazione sessuale: era rimasto molto colpito da quella che chiamò “selezione sessuale”. La descrisse come una competizione di due membri della stessa specie per il possesso della femmina (o delle femmine): vinceva la competizione l’animale più forte, più coraggioso, più intelligente (questo individuo aveva così il diritto di trasmettere i suoi geni).

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Ne L’origine delle specie del 1859 Darwin scrive a proposito delle sfide tra individui per la riproduzione: “questa non dipende da una lotta per l’esistenza, ma da una lotta tra i maschi per il possesso delle femmine, e il risultato non è la morte del competitore sconfitto, bensì la scarsità o assenza di prole”.

Lo scienziato inglese allargò in seguito la sua teoria sulla selezione sessuale (1871), illustrandone anche una seconda forma, in cui la scelta avviene in base alle caratteristiche considerate attraenti in ciascun individuo. I soggetti particolarmente dotati delle caratteristiche che in ogni specie sono considerate attraenti possono accoppiarsi senza difficoltà, trasmettendo i propri geni. Dalla selezione sessuale restano dunque esclusi gli elementi più deboli, i meno intelligenti o quelli scarsamente dotati delle caratteristiche considerate fisicamente attraenti.

Dice Darwin:

” La selezione sessuale dipende dal successo di certi individui sopra altri dello stesso sesso in relazione alla propagazione delle specie, mentre la selezione naturale dipende dal successo di entrambi i sessi, a tutte le età, in relazione alle condizioni generali di vita. La lotta sessuale è di due specie; una è la lotta tra individui dello stesso sesso, generalmente maschi, onde allontanare e uccidere i rivali, mentre le femmine rimangono passive; l’altra è pure tra individui dello stesso sesso per attrarre od eccitare quelli del sesso opposto, e qui le femmine non sono più passive, ma scelgono il compagno più piacevole. Quest’ultima specie di selezione è intimamente analoga alla scelta che l’uomo fa inconsapevolmente, ma efficacemente, tra i suoi prodotti domestici quando, per un tempo lungo, continua a scegliere gli individui più belli e più utili, pur senza alcun desiderio cosciente di modificare la razza”.

La psicologia che studia queste teorie di stampo darwiniano è la “psicologia evoluzionistica”,  la quale analizza la selezione e lo sviluppo di specifici processi psicologici e comportamentali in funzione del loro valore adattivo. Secondo l’approccio della psicologia evoluzionistica dunque, le funzioni mentali e comportamentali degli individui possono essere descritte come adattamenti naturali sviluppati nel corso del processo evolutivo. In questa luce i comportamenti umani vengono visti come forme di adattamento, allo scopo di permettere la sopravvivenza. Questo vale, naturalmente, anche per l’accoppiamento umano: secondo queste teorie in passato sia gli uomini sia le donne hanno avuto necessità di dare vita a rapporti monogamici per ragioni di sopravvivenza e così si sono allontanati dalla sessualità naturale, promiscua e senza regole.

Gli psicologi evoluzionisti per spiegare le ragioni della formazione della coppia si sono concentrati sulla osservazione del successo riproduttivo: l’uomo deve, nella sua vita, ingravidare il maggior numero di donne possibile e la donna deve proteggere i suoi figli, per crescerli fino all’età in cui essi stessi possano riprodursi.

Dal punto di vista biologico dunque, la coppia monogamica si crea per permettere la riproduzione e l’allevamento della prole. L’innamoramento, in questa prospettiva, ha poco spazio: è un semplice derivato dell’attrazione fisica provata per il/la partner.

Gli psicologi evoluzionisti ritengono dunque che, per quanto detto, gli uomini siano meno inclini ai sentimenti, costretti obtorto collo alla monogamia e sempre in cerca, per ragioni istintive, di donne giovani, belle e in buona salute, con le quali avere rapporti sessuali, al fine di espandere al massimo livello le proprie capacità riproduttive.

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Per assicurarsi la fertilità femminile, secondo la psicologia evoluzionista, gli uomini tendono a scegliere la partner in base alla sua bellezza fisica (intesa come segno di salute), rappresentata ad esempio dalla generosità delle forme, dalla simmetria del viso, dalla grandezza degli occhi, dalla levigatezza della pelle[1], e dal rapporto vita-fianchi, che riflette il profilo ormonale della persona, le sue possibilità riproduttive e i rischi di malattia.[2]

Per contro, la bellezza maschile non è considerata indispensabile nella riproduzione, perché un uomo non doveva essere giovane e bello, ma capace di difendere e nutrire le sue donne e la sua prole, nella lotta per la sopravvivenza. Le caratteristiche fisiche più attraenti negli uomini sono state dunque attribuite ai caratteri della virilità, individuabili ad esempio nel rapporto vita-spalle, che mostra lo sviluppo muscolare del tronco.

Queste teorie sono state spesso criticate perché contraddittorie. La coppia monogamica, si è ad esempio osservato, non è particolarmente funzionale alla riproduzione, almeno in senso quantitativo, in quanto il numero dei figli che si possono avere da una stessa donna è necessariamente limitato. E allora? Perché è così diffusa la monogamia? Gli psicologi evoluzionisti rispondono che la monogamia è diffusa, ma l’innamoramento è di breve durata e dunque appena si allentano i legami con la partner fissa, l’uomo riprende la sua ricerca di nuove donne e nuovi uteri da ingravidare…

Le teorie evoluzionistiche sono state ritenute credibili per un lungo periodo perché confermate da molte ricerche di tipo empirico [3] e soprattutto perché esse venivano (casualmente?) a confermare gli stereotipi più comuni, maschili e femminili (per ricordarne solo uno, “l’uomo è cacciatore”), il che le rendeva facilmente comprensibili e largamente diffuse.

Le femministe tuttavia hanno visto in esse diverse forzature, anche di tipo metodologico, come hanno dimostrato le ricerche condotte con il metodo dello “speed dating” (incontri fra sconosciuti che durano pochissimi minuti, subito dopo i quali i partecipanti decidono se intendono rivedere la persona che hanno da poco conosciuto).

Eastwick e Finkel (2008) hanno dimostrato che se si sottopongono alle donne dei questionari con domande tradizionali sul tipo di uomo ideale, le risposte rispecchiano non solo desideri propri, ma anche, familiari e sociali. Pertanto queste risposte non sono affatto predittive della tipologia di partners che le donne desiderano avere nella realtà. Allo stesso modo, con la tecnica dello speed dating, le donne, presumibilmente per incontri di sesso occasionale, possono scegliere uomini che non hanno alcuno status socio-economico da vantare, ma che sono semplicemente giovani e belli, contraddicendo quanto finora ritenuto dalla psicologia evoluzionistica.

Peraltro, queste teorie vengono oggi contestate perché è difficile sostenere che l’attrazione sessuale possa dipendere solo dal bisogno di avere figli : quante coppie fanno oggi l’amore con il solo scopo di procreare? Sono sicuramente una minoranza rispetto alla totalità: possibile che siano sempre e comunque gli istinti atavici a prevalere e non il buon senso, l’amore, o il piacere della conquista? Come si fa a non considerare, nella scelta di accoppiamento umano, anche il desiderio, l’interesse, il divertimento?

Dr. Giuliana Proietti

“Non si progredisce migliorando ciò che è già stato,
bensì cercando di realizzare ciò che ancora non esiste”.
(Khalil Gibran)
Clinica della Coppia Online Therapy

[1] Symons, 1979; Williams, 1975; Buss, 1989; Kendrick, Keef, Bryan, Barr, e Brown 1995

[2] Singh et al., 2010

[3] Sprecher et al., 1994 e Buss, 1989


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