• 26 Luglio 2024 22:32
Voler essere genitori è un atto di egoismo?

Voler essere genitori è un atto di egoismo?


Dr. Giuliana Proietti
Tel. 347 0375949
Psicoterapeuta Sessuologa
Ancona, Civitanova Marche, Fabriano, Terni, Online
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Il desiderio di dare un maggiore significato alla propria vita trasmettendo i propri geni o i propri valori a un figlio (naturale o adottato che sia) sono un “atto d’ amore” o una forma di “disgustoso egoismo”? Tranne eccezioni, che però confermano la regola, io direi che la maggior parte delle persone che decide di mettere al mondo un figlio (o di adottarlo) lo fa perché sente il bisogno di fare del bene a un altro essere umano, donandogli un amore “oblativo”, che nulla chiede in cambio e che esisterebbe anche nel caso non fosse corrisposto. Questo è il tipo di amore che, in genere, i genitori regalano ai propri figli. Non credo si cerchi la genitorialità per egoismo, a meno che anche l’amore non sia considerata una forma di egoismo (del tipo: perché amare chi vuoi tu quando puoi amare tutti gli altri?).

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Egoismo, per quello che mi riguarda, è quando un genitore maltratta un bambino, lo sfrutta, lo stupra, lo violenta: non quando lo ama e fa di tutto perché il figlio possa essere una persona felice. Mi ha colpito il caso di Vendola e del suo compagno i quali, essendo una coppia gay, sono biologicamente impossibilitati ad avere un figlio tutto loro e dunque si sono rivolti ad una maternità surrogata. “È un pensiero che riposa nella mia vita e che ho sempre rimandato” ha dichiarato l’ex presidente della Puglia parlando del suo progetto genitoriale, definendo il suo bambino “figlio di una bellissima storia d’amore”. Per Matteo Salvini tuttavia questa nascita è stata solo un “atto di disgustoso egoismo”). Personalmente l’unico disgustoso egoismo l’ho trovato in chi, in questa vicenda, si è permesso di insultare padri e figlio gratuitamente, per puro passatempo o divertimento, disinteressandosi totalmente del minore e delle cose che Tobia dovrà leggere di se stesso e dei suoi genitori quando per la prima volta cercherà, come abbiamo fatto tutti, il proprio nome su Google.

Che si sia trattato, nel caso Vendola, di un atteggiamento chiaramente omofobico lo dimostra il fatto che in questi giorni una donna che aveva subito l’asportazione dell’utero e delle ovaie, Sonia Cellini, ha dichiarato pubblicamente di aver avuto dei figli grazie ad una maternità surrogata, in Russia, ma la cosa mi sembra abbia fatto pochissimo clamore e ben pochi si sono dimostrati interessati a questa vicenda. Dunque, non è tanto la maternità surrogata a fare scandalo, quanto il desiderio di genitorialità di una coppia gay.

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Ma l’intolleranza in questo campo non riguarda solo i gay; altri “genitori egoisti” sono le persone non più giovanissime, a prescindere da chi esse siano: la data di nascita in questi casi conta più di tutto il resto. Mi viene in mente il caso della piccola Viola, di cui mi sono già a suo tempo occupata, partorita da una madre di 56 anni, sposata ad un uomo di dieci anni più vecchio, ma in ottima salute. I signori Gabriella e Francesco De Ambrosis, oggi rispettivamente 63 e 75 anni, si sono sposati tardi e, come succede spesso nelle coppie non più giovani, hanno avuto problemi di infertilità che, durante i loro anni di matrimonio, hanno sempre cercato di superare attraverso vari tentativi di fecondazione artificiale, mai andati a buon fine. Fino a che, sei anni fa, sono andati in Spagna e, attraverso una fecondazione eterologa, perfettamente legale in quel Paese, sono riusciti ad avviare la tanto sospirata gravidanza di Viola. La bambina, nata a Torino nel 2010, è stata dichiarata adottabile dalla Suprema Corte nel 2013, avendo ritenuto i genitori troppo “anziani e sbadati”.

È di questi giorni la notizia per cui la stessa Corte ha ora emesso un nuovo verdetto, che questa volta ritiene i due genitori capaci, e ricorda anche la loro totale assoluzione dall’infondata accusa di abbandono di minore (i vicini di casa avevano notato la piccola, di un mese e mezzo, lasciata a dormire da sola nella macchina dei genitori, parcheggiata nel cortile di casa, mentre la mamma le stava scaldando il latte e il padre andava e veniva per caricare la macchina, a causa di un trasloco). Per questo fatto i due genitori furono a suo tempo prontamente assolti, ma rimaneva comunque in piedi l’accusa gravissima di essere troppo anziani per essere genitori di questa povera orfanella (in pectore). Per quattro lunghi anni questi signori non hanno più avuto notizie della loro bambina, che oggi ha sei anni e può finalmente tornare a casa, dopo essere stata provvisoriamente affidata prima ad alcune comunità e poi ad alcune famiglie, lasciando traumi che ancora non possiamo valutare, ma di cui possiamo essere certi.


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È vero: i genitori anziani possono morire più precocemente degli altri, ma non è detto. Ricordo, ad esempio, il caso della regista Lina Wertmuller, la quale nel 1991 adottò una bambina avuta dal marito e da una donna misteriosa che non aveva voluto tenere la bimba con sé (si pensò, senza avere prove, ad una maternità surrogata). A quel tempo la legge 40 non c’era, ma fu comunque scandalo, per la scelta “egoistica” della regista (allora 63 anni) e del marito Enrico Job (allora 57 anni), che non si curavano di lasciare presto orfana la piccola Maria Zulima. Naturalmente, anche in quella occasione, fu presentato un esposto, questa volta da parte dell’associazione delle famiglie adottive, che accusavano Enrico Job e Lina Wertmuller di aver adottato la bimba senza rispettare le procedure previste. Come è andata a finire: sebbene di 6 anni più giovane della moglie, Job è morto a 78 anni, nel 2008, quando Maria Zulima (oggi 25 anni) aveva 17 anni, mentre Lina Wertmuller è ancora viva (88 anni) ed il suo ultimo lavoro importante per la TV, in cui recita anche la figlia, è di soli 7 anni fa (Mannaggia alla miseria, 2009). E pensare che questa famiglia avrebbe potuto non esistere se solo fosse stato dato maggiore peso al parere della fantomatica “associazione delle famiglie affidatarie” (e se i genitori non fossero stati conosciuti e agiati per mettere a tacere le voci critiche).

Non posso chiudere questo articolo senza citare un altro caso, letto in questi giorni, che definirei di tanatofobia: Bianca si è ammalata di cancro nel 2003, guarendone completamente, per poi riammalarsi nel 2011. Il suo carcinoma è stato ritenuto con «andamento scarsamente aggressivo», tanto che le sono stati tolti i tre giorni settimanali di permesso previsti dalla legge 104. Nel 2014 Bianca e il marito hanno deciso di avviare le pratiche per l’adozione di un figlio. Tutto perfetto: stabilità della famiglia, profili psicologici, armonia della coppia. L’adozione viene però negata perché la mamma potrebbe potenzialmente riammalarsi e dunque non è considerata idonea.

Concordo sul fatto che, in questo caso, vi siano possibilità per cui il figlio adottato potrebbe rimanere preocemente orfano (di madre), ma nessuno ha la sfera di cristallo per sapere quando Bianca effettivamente morirà. Anche la persona che appare oggi in perfetta salute potrebbe morire domani, perché contrae un’infezione letale o perché rimane vittima di un incidente imprevisto (vogliamo parlare, a titolo di esempio, di Sophie, la figlia del giovane e sanissimo Piero Taricone, che perse il papà quando aveva sei anni, a causa di una manovra errata che lui fece lanciandosi con il paracadute?). Chi ha il diritto di dire a Bianca di non poter adottare un bambino perché lo farebbe solo per egoismo e questo non è nell’interesse del minore? Allora, se un malato di sla o un malato di cancro avessero un figlio naturale, per non far rimanere orfano il bambino anzi tempo sarebbe meglio darlo subito in adozione?

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I bambini che restano precocemente orfani (di entrambi i genitori) o che vivono in famiglie problematiche vengono presi in carico dai servizi sociali, i quali cercano di correggere le disfunzionalità osservate in famiglia e, in casi estremi, possono anche trovare loro comunità e nuove famiglie disponibili ad accoglierli e a prendersi cura di loro. Ma che senso ha l’inutile esercizio di previsione del futuro?

Le linee guida delle Nazioni Unite suggeriscono, in caso di controversie, di tutelare sempre l'”interesse supremo del minore”. Ciò che mi chiedo è questo: gli interessi dei minori non sono anche quelli di avere una famiglia, naturale o adottiva che sia, che li ama e che abbia gli strumenti e i mezzi per prendersene cura, a prescindere dall’orientamento sessuale, dall’età o dallo stato di salute di uno dei due genitori?

Dr. Giuliana Proietti


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Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa  ANCONA FABRIANO CIVITANOVA MARCHE TERNI e ONLINE ● Attività libero professionale, prevalentemente online ● Saggista e Blogger ● Collaborazioni professionali ed elaborazione di test per quotidiani e periodici a diffusione nazionale ● Conduzione seminari di sviluppo personale ● Attività di formazione ed alta formazione presso Enti privati e pubblici ● Co-fondatrice dei Siti www.psicolinea.it, www.clinicadellacoppia.it, www.clinicadellatimidezza.it e delle attività loro collegate, sul trattamento dell’ansia, della timidezza e delle fobie sociali e del loro legame con la sessualità. Sito personale: www.giulianaproietti.it La Dr.ssa Giuliana Proietti presta la sua attività professionale su Clinica della Coppia come Direttrice Scientifica e Terapeuta Senior.

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