La discriminazione della donna nelle pubblicità e nei media
Dr. Giuliana Proietti
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Psicoterapeuta Sessuologa
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Quattro senatrici del Pd hanno firmato un disegno di legge (“Misure in materia di contrasto alla discriminazione della donna nelle pubblicità e nei media”) che prevede sanzioni (fino a 5 milioni di euro) per l’utilizzo improprio del corpo della donna nella pubblicità televisiva, o nella carta stampata.
Mi sembra una buona iniziativa, visto che è sotto gli occhi di tutti quanto la comunicazione pubblicitaria si sia modificata negli ultimi tempi, producendo messaggi e immagini che sempre più somigliano alla pornografia. Negli spot tv, come sulla carta stampata, è il corpo femminile quello utilizzato più di frequente: si tratta in genere di modelle riprese senza veli, o in atteggiamenti seducenti ed allusivi, allo scopo di reclamizzare prodotti o servizi che spesso non hanno alcuna relazione con le immagini o i messaggi proposti.
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Queste pubblicità, oltre ad essere molto spesso di cattivo gusto (esempio: “Montami a costo zero”, per vendere pannelli fotovoltaici) propongono situazioni e modelli di ruolo tutt’altro che positivi per i più giovani, i quali non sempre hanno gli strumenti per guardare a questi messaggi in modo critico, sapendoli decodificare.
Ancor più grave è che ormai appaiono numerose evidenze di una possibile relazione fra l’oggettivazione massiccia del corpo femminile e l’aumento impressionante della violenza contro le donne. Diversi studi mettono infatti direttamente in relazione la violenza sulle donne con la loro “deumanizzazione”.
Ciò su cui vorrei soffermarmi tuttavia non è tanto questo disegno di legge in sé, che giunge in Parlamento in qualche modo atteso, quanto sulla inaccettabile rozzezza con cui alcuni giornali (di destra) hanno commentato la notizia. Il premio della volgarità spetta sicuramente a Libero (con l’articolo firmato da Franco Bechis, una delle “migliori” penne del giornale) il quale, per commentare la notizia del disegno di legge ha così titolato in prima pagina: “Invece di pensare alla crisi, Il Pd vieta la gnocca” (guardare per credere!)
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Certo, tutti sanno che viviamo in tempi di vacche molto magre e che i problemi del nostro Paese sono davvero tanti. Voglio anche dire che l’argomento della mercificazione del corpo femminile, seppure molto importante, non è certamente da considerare al top delle priorità dell’azione di governo. Nonostante questo, non vedo nulla di strano nel fatto che delle parlamentari abbiano elaborato una proposta di legge per combattere anche questo problema…
Si potrà dire che non tutti e tutte sono d’accordo su una riforma del genere, che molti troveranno sicuramente troppo radicale, densa di ipocrita moralismo, caratterizzata da rigidità e intransigenza (e via dicendo…), ma certamente una reazione come quella di Libero non è degna di un Paese civile.
Nel parlare di “gnocca” per intendere la donna (cioè nominare gli organi genitali di una persona per intendere la persona stessa) non mi viene tanto da pensare alle figure retoriche implicate in questo processo linguistico, quanto allo svelamento psicologico di un pensiero inconscio che associa i due concetti, considerandoli interdipendenti, con l’implicazione implicita che la donna senza la “gnocca” non potrebbe esistere.
Certe battute volgari (la donna è quella cosa che sta intorno al suo organo genitale – anche se detto in altro modo) le sentivo dire al tempo della scuola media, da qualche ragazzino coi baffetti che voleva sembrare più grande di quello che era: possibile che battute così machiste e di bassa lega possano apparire oggi, senza nessuno scandalo, su uno dei maggiori quotidiani nazionali?
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Va anche detto che lo “scoop” ideato da Libero deve aver funzionato per vendere copie, tanto che si è cercato di fare il bis con: “Pd talebano: Chi ha paura della gnocca è contro la libertà”.
Basterebbe solo ragionare su questi titoli per capire quanto una legge contro l’oggettivazione del corpo femminile sia quanto mai urgente e necessaria. (Non che la manifestazione di piazza ideata dallo sguaiato Giuliano Ferrara, “siamo tutti puttane” fosse più fine, eh?). Ma tant’è: mala tempora currunt.
Della “mercificazione del corpo” nella pubblicità si è peraltro recentemente occupata anche la presidente della Camera, Boldrini, la quale ha dichiarato:«È necessario porre limiti all’utilizzo del corpo delle donne nella comunicazione. È inaccettabile che ogni prodotto venga veicolato attraverso il fisico femminile. Le multinazionali fanno queste pubblicità con le donne solo in Italia e non in altri Paesi. Una donna oggettivizzata, resa cioè oggetto, la si tratta come si vuole e la relativa violenza è a un passo».
I pubblicitari tuttavia non ci stanno: secondo Paola Manfroni, art director dell’agenzia Marimo e vicepresidente dell’Adci, (Art director club Italia) “la diversità della nostra pubblicità dal resto d’Europa è un dato di fatto” ma, a suo parere le campagne “sessiste” nascerebbero “fuori dai percorsi professionali sani” rispecchiando soprattutto la realtà di “piccole aziende che cercano di farsi notare sdraiando la cugina belloccia mezza nuda sulle piastrelle di loro produzione, e quella della malaimpresa italiana, manager impreparati selezionati solo per catene di fedeltà alla cordata, che rafforzano i loro legami da spogliatoio condividendo starlettes e mazzette“.
Anche Annamaria Testa, all’assemblea UPA 2003, ha fatto dichiarazioni analoghe, dicendo che “la buona creatività vive di buone regole“, per cui il problema potrebbe risolversi attraverso il potenziamento dell’autodisciplina (cioè lo IAP): “Da creativa pubblicitaria, io sono felice e orgogliosa che ci sia lo IAP, che lavori bene e che, cancellando la cattiva pubblicità, difenda anche la qualità del mio lavoro e la reputazione dell’intero settore”.
Resterebbe solo da capire a chi mai si siano rivolti Dolce e Gabbana, quando hanno commissionato la famigerata pubblicità dello stupro di gruppo: sono forse imprenditori impreparati? O la loro è la tipica malaimpresa che sdraia la cugina belloccia?
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Di pubblicità come quella di Dolce e Gabbana ve ne sono moltissime, in Italia e all’estero, ma forse non vale la pena parlarne e citarle, perché se gli addetti ai lavori le vedono con occhio critico, i soliti voyeurs potrebbero ritenerla una bell’antologia di “gnocche”, tanto per utilizzare il lessico altrui. È un po’ quello che è successo al video “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo, creato per denunciare la mercificazione del corpo femminile nella tv italiana, che ha totalizzato più di 3.300.000 visualizzazioni su YouTube: per molti sarà stato sicuramente un concentrato del “meglio” della tv italiana.
Non ho sentito molte voci contro chi parla della “gnocca” per definire la donna, così come pochissime sono state le voci, anche all’interno del Pd, a difesa delle “senatrici che vogliono vietare la gnocca”.
Vorrei concludere citando il capo del Labour Party in Gran Bretagna, Ed Miliband, che probabilmente Libero definirebbe un povero talebano, il quale si è fatto portavoce di una campagna contro le immagini pornografiche che ritraggono corpi femminili, online e in TV.
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Mr Miliband deve evidentemente vivere in un clima medioevale, da caccia alle streghe, visto che ritiene che vi sia: “una cultura che tende a mostrare immagini sempre più sessualizzate dei giovani, una cultura che dice che le ragazze potranno avere successo solo se si attengono a questi rozzi stereotipi”... Ma c’è di più: nel discorso tenuto al meeting Women in Advertising and Communications London, Miliband ha anche attaccato i pubblicitari “perché producono troppe immagini antiquate di donne” e ha chiesto, udite, udite: “riforme per combattere gli stereotipi di genere“, precisando che: “la rappresentazione sociale non riguarda solo i lavori che le persone svolgono, ma anche come esse sono viste, nelle immagini che ciascuno ha dell’altro, perché è in parte proprio da queste immagini che noi impariamo ad interagire”.
Che dire? C’è ancora molto da fare in queste latitudini mediterranee per le pari opportunità e forse aver eliminato anche la relativa Ministra non va esattamente nella direzione che le donne italiane (nella maggior parte) auspicano.
Pubblicato anche su Huffington Post
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Una presentazione sull'orgasmo femminile
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