Celibato sacerdotale: una tradizione anacronistica?

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Celibato sacerdotale: una tradizione anacronistica?

 

Il Cardinale scozzese Keith O’Brien avrebbe potuto essere l’unico rappresentante della chiesa cattolica britannica al prossimo conclave, per l’elezione del nuovo Papa. Invece, 27 giorni prima che il porporato avesse compiuto i 75 anni (quando si decade naturalmente dalla carica),  sono arrivate le sue precipitose dimissioni, subito accettate in Vaticano. Il cardinale scozzese ha chiesto pubblicamente scusa a coloro che aveva offeso, alla chiesa cattolica e al popolo di Scozia, ammettendo le sue colpe con queste parole: «Ci sono stati momenti in cui la mia condotta sessuale è caduta al di sotto degli standard a me richiesti, in quanto prete, arcivescovo e Cardinale».

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In Patria O’Brien veniva considerato un conservatore, per le sue posizioni ultra-tradizionaliste rispetto all’omosessualità e ai matrimoni gay, definiti “una sovversione grottesca di un diritto umano universalmente accettato”. Non stupisce dunque la reazione della comunità LGBT, che ora chiede le scuse del cardinale. Afferma infatti Peter Tatchell, storico leader della comunità lgbt britannica: “Per sua stessa ammissione il cardinale si è manifestato come ipocrita. Ha predicato pubblicamente contro l’omosessualità mentre privatamente ne ricercava i piaceri. E non è il solo ipocrita con due facce. Ci sono altri alti prelati cattolici colpevoli della stessa doppiezza”.

O’Brien si era scagliato duramente contro l’aborto, sei anni fa (definito “due massacri di Dunblane al giorno“) o contro la fertilizzazione in vitro e l’embriologia, considerati come “esperimenti in stile nazista”.

Un altro cardinale molto chiacchierato è l’americano Roger Mahony, il quale avrebbe coperto numerosi casi di abuso (secondo l’arcidiocesi di Los Angeles sarebbero 122 i sacerdoti accusati di molestie sessuali). La differenza fra O’Brien e Mahony è che il primo avrebbe avuto personalmente dei comportamenti inadeguati, nei confronti di due preti e un ex prete, ora sposato, mentre Mahony si sarebbe limitato a cercare di proteggere i preti abusanti.

C’è però un’intervista di O’Brien, rilasciata alla BBC scozzese proprio qualche giorno prima delle accuse e delle successive scuse, che è veramente sorprendente: O’Brien infatti chiedeva alla Chiesa Cattolica un profondo rinnovamento, a partire dall’abolizione del celibato dei sacerdoti. Possibile che queste dichiarazioni abbiano influito sull’allontanamento del primate scozzese?

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Per cominciare, il porporato aveva affermato  che l’obbligo del celibato sacerdotale “non è di origine divina” e che Gesù non ha mai detto che i sacerdoti non debbano sposarsi. A suo dire: “molti sacerdoti hanno trovato molto difficile affrontare il celibato” e, sebbene egli abbia specificato di non essere personalmente interessato a sposarsi, sarebbe stato “molto felice se altri avessero avuto la possibilità di prendere in considerazione la possibilità del matrimonio”. Inoltre, ricordava il primate di Scozia: “sappiamo che in alcuni rami della chiesa cattolica i preti possono essere sposati e questo mostra che non si tratta di qualcosa di origine divina: per questo l’argomento dovrebbe essere rimesso in discussione”

Va detto che la situazione dei preti cattolici in Gran Bretagna sta diventando particolarmente spinosa e probabilmente O’Brien aveva intenzione di porre la questione con le più serie intenzioni. Nel 2009 infatti un gruppo di anglicani tradizionalisti si è riavvicinato alla Chiesa cattolica, perché contrari alle donne preti e vescovi e ai matrimoni gay.

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La santa Sede ha dichiarato nell’occasione di “non essere in disaccordo”  rispetto alla prospettata migrazione di questi vescovi e prelati dalla Chiesa anglicana a quella di Roma. Sicuramente una bella rivincita sullo scisma voluto da Enrico VIII… C’era però un problema e cioè che i prelati britannici, da sempre, possono contrarre matrimonio e farsi una famiglia. Il problema è stato risolto con una particolare dispensa papale, che ha permesso agli «ordinariati» britannici di entrare nella Chiesa di Roma, senza rinunciare al vincolo matrimoniale contratto con le loro mogli. Coloro che invece non erano sposati prima della conversione o che diventano vedovi in seguito ad essa non possono sposarsi o risposarsi e devono dunque accettare, come gli altri, il celibato.

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Agli aspiranti sacerdoti anglicani non viene imposta la difficile regola del celibato e dell’astinenza sessuale ed anzi essi vengono incoraggiati a farsi una famiglia, mentre gli aspiranti sacerdoti cattolici, proprio a causa di questa innaturale imposizione, spesso prendono la decisione di seguire la vocazione fra mille perplessità e non sempre con la sicurezza di aver compiuto la scelta giusta. Gli anglicani possono dunque avere tutti i rapporti sessuali che desiderano, coltivare un rapporto di coppia, avere dei figli, mentre i cattolici devono rimuovere tutte le loro pulsioni sessuali, cercare amore e affetto unicamente nella Chiesa e rinunciare all’idea di avere dei figli propri.

Possono ora questi sacerdoti, di differente status anagrafico, convivere fianco a fianco, nella stessa Chiesa?

E’ ovvio che i cattolici pretendano gli stessi diritti dei colleghi neo-convertiti. Per assurdo, nell’impossibilità di risolvere il dilemma fra vocazione e famiglia, un seminarista cattolico potrebbe convertirsi all’anglicanesimo, sposarsi e poi tornare all’ovile, non avendo rinunciato a nulla.

L’idea che il celibato sacerdotale non debba essere considerato una dogma è condiviso da numerosi teologi, come ad esempio il Cardinal Martini, recentemente scomparso. Del resto, le scritture ci dicono che gli apostoli di Cristo erano in gran parte sposati e che il divieto di contrarre matrimonio fu imposto solo con il  Concilio romano del 386, quando venne per la prima volta stabilito che vescovi e sacerdoti sposati non potessero più convivere con le proprie mogli. La norma fu ampiamente disattesa durante il Medioevo e riproposta, con scarso successo, anche in epoche successive, fino a che fu imposta inequivocabilmente con il Concilio di Trento (1545-1563), che fu peraltro convocato da Papa Paolo III, Alessandro Farnese, padre di quattro figli. Nelle Chiese ortodosse, gli uomini sposati possono diventare preti, ma un prete ordinato da celibe non può più sposarsi dopo l’ordinazione.

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Le ragioni che portarono a richiedere il celibato ai sacerdoti erano in verità più di ordine pratico e culturale che teologico. Anzitutto, vi era un’altra concezione della donna, per cui si riteneva che le donne fossero meno degne e meno morali degli uomini: un sacerdote celibe appariva più puro e più ricco di disponibilità ed energie per concentrarsi totalmente nel suo ministero. Dal punto di vista politico-economico, un clero celibe serviva alla Chiesa per garantire che nessuno si contendesse titoli e beni ecclesiastici, per ragioni di eredità.

In un periodo in cui crollano le vocazioni religiose la Chiesa Cattolica potrebbe dunque prendere in considerazione l’idea di abolire il celibato dei sacerdoti, che appare veramente anacronistico e che richiede scelte davvero difficili da farsi nella vita moderna, oltre che difficilissime da mantenere. Tanti sono i sacerdoti che  lasciano il ministero, fra mille difficoltà, perché desiderano sposarsi.

E allora, piuttosto che “importare” preti cattolici polacchi (richiesti in tutti gli Stati del mondo), che spesso non conoscono neanche la lingua nella quale recitano la Messa, potrebbe essere forse un’idea quella di ricorrere ai preti-spretati: in un sito, ad esempio essi si dicono assolutamente “pronti a rientrare in servizio”. Se i preti anglicani possono ora convertirsi ed entrare nella nostra Chiesa con le loro mogli, perché penalizzare quei preti che, per sposarsi, sono stati costretti a rinunciare alla loro vocazione?

Infine, qualche parola sull’omosessualità e la pedofilia. Seppure l’omosessualità sia ormai considerata un orientamento sessuale assolutamente normale, è innegabile che fra i sacerdoti sia diffusa in percentuali molto alte, il che la dice lunga sulle predisposizioni genetiche e gli aspetti ambientali, relativamente alla scelta sessuale: è ovvio che ci si innamora e ci si sente attratti dalle persone che si frequentano… La pedofilia, le molestie e gli abusi sessuali potrebbero essere invece facilmente spiegati con gli squilibri psicologici che l’astinenza sessuale forzata, nel tempo, può comportare. Le vittime dei preti sono preferibilmente disabili e minori in quanto si tratta di partners spesso inconsapevoli e facilmente manipolabili, poco credibili, che possono garantire il silenzio.

Vittorio Messori sostiene che il celibato sacerdotale non sia  un dogma, ma “un aspetto della Tradizione da trattare con la reverenza dovuta a ciò che è considerato risalire all’epoca apostolica”.

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A parte i dubbi sull’epoca apostolica, la domanda che viene da porsi è questa:  può il rispetto di una Tradizione, per quanto riverita, ignorare, ancora oggi, il diritto alla sessualità dei sacerdoti? La sessualità è ormai considerata uno dei principali diritti umani: perché i preti cattolici non dovrebbero godere di questo diritto, che oltre tutto non è per loro neanche un dogma religioso, ma solo una Tradizione? Perché non provare a limitare i danni e la sofferenza creata da tutti questi abusi sessuali nella Chiesa Cattolica attraverso una più realistica concezione del prete moderno? Il prete è una persona sessuata, come tutte le altre: non ha il sesso degli angeli.

Dr. Giuliana Proietti

“Non si progredisce migliorando ciò che è già stato,
bensì cercando di realizzare ciò che ancora non esiste”.
(Khalil Gibran)
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Pubblicato anche su Huffington Post


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